Lo scorso 3 marzo ENTSO-E, l’associazione degli operatori delle reti di trasmissione elettrica (TSO) in Europa, lanciava un allarme: per un problema di bilanciamento dei flussi di potenza nel sistema elettrico continentale, il valor medio della frequenza di rete si era abbassato rispetto al valore nominale.Il fenomeno,riscontrato a partire da metà gennaio, ha comportato un ritardo complessivo di circa 6 minuti negli orologi elettrici che utilizzano la frequenza di rete per misurare il tempo (figura 1). Come si vedrà meglio in seguito, a partire da metà marzo tale ritardo è stato recuperato. Occorre subito ricordare che la maggior parte degli orologi elettrici funziona con un oscillatore interno al quarzo, che non risente delle deviazioni di frequenza. Il fenomeno riguarda pertanto solo gli orologi più semplici, come quelli dei forni domestici.Figura1 dossier04

Figura 1– Andamento del ritardo accumulato,nei primi mesi del 2018, da un orologio elettrico basato sulla frequenza, e recupero a partire da metà marzo – Misure ed elaborazioni RSE.

Piccole fluttuazioni nel valor medio della frequenza sono fisiologiche e non producono effetti significativi. In questo caso però la rete ha subito una deviazione di frequenza continuativa per quasi due mesi proprio fino al 3 marzo, giorno dell’annuncio di ENTSO-E. Questo fatto, di dimensioni senza precedenti nella storia del sistema elettrico europeo, rappresenta un risvolto tecnico tutto sommato marginale, di un problema assai più serio di natura politica, come rilevato ancora da ENTSO-E e ripreso dalla stampa: a monte delle deviazioni di frequenza stanno, infatti, i contrasti fra Serbia e Kosovo, che si sono manifestati a livello “elettrico” con una quota di consumo di energia in Kosovo, non compensata dalla Serbia. La vicenda è complessa e porta con sé anche rivendicazioni economiche fra le parti. Ma limitandosi agli aspetti tecnici, che relazione c’è con gli orologi? Proviamo a chiarire questi concetti.

 

Bilancio di potenza e frequenza di rete

Il mantra del sistema elettrico è che l’energia elettrica deve essere prodotta nel momento stesso in cui è richiesta, ossia occorre garantire il bilancio istantaneo fra energia prodotta e consumata (dagli utenti e nelle perdite di sistema). Questo bilancio istantaneo ha un “indicatore” molto sensibile, la frequenza di rete (che in Europa ha il valore nominale di 50 Hz), ogni squilibrio fra generazione e consumo provoca un impatto sulla frequenza, che aumenta se c’è eccesso di generazione e diminuisce se prevale il consumo. Piccole fluttuazioni della frequenza avvengono continuamente, per le variazioni stocastiche (casuali, per la legge dei grandi numeri) dei carichi e della generazione non programmabile. Altri squilibri fra generazione e carico sono causati dalle “rampe” di carico e di generazione, come quando verso sera si registra un aumento di carico accompagnato dal venir meno della generazione fotovoltaica: allora occorre incrementare rapidamente la produzione dei generatori convenzionali. Qualche volta le perturbazioni sono grandi, di solito per l’improvviso fuori servizio di un grosso generatore.

La rete europea continentale di ENTSO-E è interconnessa in modo “sincrono”, grazie alle linee di trasmissione in corrente alternata che collegano fra loro 25 Paesi estendendosi anche alla Turchia. Sono collegati inoltre alcuni Paesi del nord Africa. Una rete sincrona funziona come un’unica enorme macchina i cui generatori ruotano alla stessa velocità “elettrica” (a meno di piccole variazioni locali), per cui la frequenza media risulta la stessa ovunque.

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 Figura 2 –Rete interconnessa dell’Europa continentale (fonte ENTSO-E)

 

L’interconnessione della rete elettrica tra i Paesi europei è nata anzitutto per esigenze di mutuo soccorso fra aree di rete: i collegamenti consentono di condividerela riserva, ossia le risorse fondamentali per regolare la frequenza, appunto: in tal modo si incrementa l’affidabilità della fornitura e si riducono i costi. Successivamente, le interconnessioni sono state impiegate anche nelle transazioni commerciali di energia fra Paesi, per sfruttare l’energia disponibile a prezzo inferiore.

 

Un’architettura ben congegnata...

L’equilibrio fra generazione e carico si mantiene proprio regolando la frequenza, attraverso sistemi in gran parte automatizzati che intervengono sulla potenza prodotta dalle centrali abilitate: essenzialmente quelle convenzionali, ossia centrali idriche a bacino, centrali a carbone e a gas. Per definire l’architettura di regolazione occorre stabilire anzitutto chi debba compensare gli sbilanci. Per far fronte a disturbi anche molto severi (figura 3), occorre mettere in gioco rapidamente molta potenza: per questo, tutti i generatori abilitati danno un contributo tramitela regolazione “primaria”, che interviene immediatamente al manifestarsi di un disturbo.

 

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Figura 3– Esempio di perturbazione di frequenza a seguito della perdita di una centrale nel sistema interconnesso europeo continentale (ROCOF: Rate Of Change Of Frequency, ossia velocità di variazione della frequenza) – Misure ed elaborazioni RSE.

Per questo carattere “distribuito”, la regolazione primaria (che è automatica e veloce, andando a regime entro 30 secondi) si basa solo su grandezze locali (la velocità di rotazione del generatore) ma non riporta la frequenza a 50 Hz (figura 4): la domanda è soddisfatta, ma il sistema ha immagazzinato, nei rotori dei generatori, più o meno energia cinetica del normale (a seconda che si tratti rispettivamente di unosbilancio per eccesso o deficit di potenza).

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Figura 4– Schema delle regolazioni di frequenza.

Nei minuti successivi, l’area che ha subito la perturbazione deve attivare risorse proprie per ripristinare la frequenza del sistema e far cessare l’aiuto esterno. Come funziona questo processo? Anzitutto, la rete è suddivisa in “aree di controllo”: ognuna di esse normalmente coincide con la porzione di rete gestita da un TSO. Ogni area di controllo è dotata di un regolatore secondario, automatico e gestito a livello centralizzato dal TSO. Il suo obiettivo è di ripristinare i valori desiderati di due grandezze: la prima è la frequenza, che deve tornare al valore di riferimento (intorno a 50 Hz: può variare un poco per compensare i ritardi o gli anticipi accumulati dagli orologi). La seconda è lo scambio complessivo di potenza dell’area in questione con le aree di controllo confinanti, che deve seguire il valore programmato. Per questo, gli scambi di potenza alle interconnessioni sono monitorati in tempo reale.

Per l’area continentale italiana il gestore di rete TERNA imposta la somma (algebrica: il flusso in import ha segno opposto rispetto all’export) dei flussi programmati verso Francia, Svizzera, Austria, Slovenia, Malta. Analogamente, il gestore francese RTE imposta la somma algebrica dei transiti verso i propri paesi confinanti, e così via. Il regolatore secondario agisce solo su alcuni grandi gruppi di generazione chiedendo di aumentare o ridurre la produzione, in tempi più lenti (circa un quarto d’ora) rispetto alla regolazione primaria. L’azione coordinata dei regolatori secondari di tutte le aree porta ad annullare sia gli errori di frequenza siale deviazionidei flussi di potenza.

Da ultimo interviene la regolazione terziaria, che consiste nella modifica manuale, su richiesta del TSO, della potenza di alcuni gruppi di generazione: così si ripristinano le riserve di potenza “erose” dalla regolazione secondaria.

 

… Purché ci sia accordo

La regolazione secondaria funziona correttamente se i riferimenti sono impostati in modo coerente per tutte le aree di controllo: in particolare, la somma algebrica dei valori di riferimento dei flussi di tutte le aree deve essere nulla (trascuriamo le perdite sulle interconnessioni). In caso contrario, gli scambi di potenza e la frequenza presentano un’alterazione permanente rispetto ai riferimenti. È sufficiente che il regolatore secondario non sia impostato in modo coerente anche solo in un’area, perché tutto il sistema ne risenta. Nel caso della Serbia e del Kosovo, sono avvenuti scambi di energia non “programmati”, non contrattualizzati e quindi non impostati a livello di regolatore secondario.

La diminuzione di frequenza delle prime settimane del 2018 (grafico di figura 5) è quindi effetto di un eccessivo assorbimento di potenza, di cui nessuno si è fatto carico e che è stato ripianato da tutto il sistema. Al riguardo, ENTSO-E parla di un’energia “mancante” che ha raggiunto i 113 GWh (pari al consumo di alcune ore in Italia). Dalla figura si nota che di solito la frequenza è ben distribuita intorno a un valor medio di 50 Hz (curva blu); all’inizio del 2018, invece, si sono registrati più spesso valori inferiori. In questo caso la distribuzione dei valori di frequenza è deformata e ha un picco sotto i 50 Hz, così che il valor medio risulta inferiore di 3 millihertz(curva rossa): possono sembrare pochi, ma sono bastati a rallentare i nostri orologi.

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Figura 5 – confronto fra le distribuzioni di frequenza del 2017 e dei primi mesi 2018(fino a 15 marzo) – dati ed elaborazioni RSE.

 

Che cosa è successo di recente

Le deviazioni di frequenza sono cessate a inizio marzo, ed Entso-E ha impostato un valore di riferimento di frequenza leggermente più elevato di 50 Hz per recuperare l’energia mancante, facendo così accelerare gli orologi per il tempo necessario ad azzerare integralmente il ritardo (come si vede in figura 1). Gli orologi che sono stati allineati in occasione dell’entrata in vigore dell’ora legale potrebbero, quindi, essere in anticipo di qualche minuto.

 

Le altre sfide aperte

Il fenomeno cui abbiamo assistito nella prima parte del 2018 è radicalmente diverso da altri problemi di regolazione della frequenza che il sistema continentale deve spesso affrontare.

Da alcuni anni, infatti, la frequenza subisce deviazioni sostenute, in particolare a cavallo dei cambi d’ora (figura 6). Questo fatto è riconducibile alle regole del mercato liberalizzato, che definiscono periodi di dispacciamento basati sulle ore: i gruppi di generazione che, per i risultati del mercato, “entrano” ed “escono”,o semplicemente variano il valore della produzione nei minuti attorno al passaggio da un’ora all’altra creano sbilanciamenti.

Nel momento in cui lo sbilanciamento vede prevalere il carico, la riduzione improvvisa della frequenza erode il margine di riserva primaria disponibile e quindi rappresenta un rischio per il sistema, che potrebbe non avere risorse sufficienti per far fronte ad una improvvisa perdita di generazione.

Un ulteriore problema che affligge i gestori delle reti di trasmissione, già oggi e sempre più in prospettiva, è quello delle risorse di regolazione e flessibilità degli impianti di generazione nel coprire il carico “residuo”, ossia quello al netto della generazione da fonti rinnovabili non programmabili (FRNP) come fotovoltaico ed eolico.

Queste fonti, infatti, godono di priorità di dispacciamento a parità di prezzo offerto, ma solitamente non forniscono regolazione di frequenza, anzi, per via della variabilità e incertezza aggiuntive che introducono nel sistema, causano un aumento dei margini di regolazione richiesti nel sistema. Questi margini di regolazione devono essere forniti dai generatori convenzionali controllabili o da nuove risorse, come i carichi disponibili a essere ridotti, i sistemi di accumulo e gli impianti FRNP stessi, anche connessi alla rete di distribuzione. Inoltre, i generatori convenzionali sono esposti a maggiori stress per far fronte alle variazioni combinate di carico e generazione FRNP, che a volte sono sfavorevoli (come nel caso già citato della rampa serale di carico che si sovrappone al venir meno del fotovoltaico). Occorre infine ricordare che, ancora a causa delle tecnologie di generazione adottate dalle FRNP (dove non ci sono grandi masse rotanti accoppiate al generatore, come invece nelle centrali elettriche tradizionali), l’inerzia del sistema elettrico sta diminuendo: questo fa sì che le perturbazioni “muovano di più” la frequenza e aumenti il rischio di disservizi, come anche ENTSO-E ha messo in evidenza.

 

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Figura 6 – Andamento della frequenza di un giorno e zoom su alcuni passaggi d’ora – Misure ed elaborazioni RSE.

 

Conclusione

Il sistema elettrico europeo è interconnesso, e ciò comporta benefici tecnici ed economici che si traducono in maggiori affidabilità ed efficienza di esercizio. D’altra parte, l’interconnessione non garantisce completamente dalla perdita di servizio: il rischio è che un disturbo si possa propagare su ampia scala, conducendo a blackout estesi.

L’episodio degli orologi dei forni ha dimostrato che un evento apparentemente lontano, come un problema sugli scambi energetici nell’area balcanica, può avere unimpatto non trascurabile su tutti gli altri Paesi. Dal punto di vista tecnico, in questo caso non c’è stato un rischio significativo per il sistema. Ma altre volte è andata diversamente: qualcuno ricorderà che nel 2006, in occasione di un problema in Germania, si sfiorò un blackout diestensione europea: anche in Italia si verificarono alcuni distacchi di carico, per il corretto intervento del piano di difesa della rete che contribuì a “salvare” il sistema.

Si ricordi, inoltre, il provvedimento di retrofit degli impianti di generazione distribuita di potenza superiore a 6 kW, disposto dall’Autorità per l’energia (ARERA) nel 2013, per aggiornare le soglie di frequenza e tensione di intervento delle protezioni ed evitare il distacco intempestivo di gran parte dei generatori a fonte rinnovabile in caso di disturbi. Problema che si era posto in modo simile per il fotovoltaico tedesco (la Germania è il Paese europeo con maggiore fotovoltaico installato ed energia prodotta; il secondo è proprio l’Italia) e che ha rappresentato per un certo periodo un rischio concreto di disservizio continentale.

Infine, si può ricordare che giornalmente sono attuate numerose azioni per mantenere l’equilibrio del sistema, che vanno ad incidere in modo significativo sui costi di dispacciamento pagati in bolletta.

In effetti la transizione verso un sistema basato su fonti rinnovabili, anche non programmabili come solare ed eolico, pone ulteriori sfide che devono essere affrontate con urgenza dagli operatori,anche in sinergia con i centri di ricerca (quale RSE) e i costruttori degli impianti, nel quadro di opportuni interventi di regolamentazione e di normativa tecnica del settore elettrico.

 

BIBLIOGRAFIA

  • S. Canevese, E. Ciapessoni, A. Gatti and M. Rossi, "Monitoring of frequency disturbances in the European continental power system," 2016 AEIT International Annual Conference (AEIT), Capri, 2016, pp. 1-6. doi: 10.23919/AEIT.2016.7892763,
    URL: http://ieeexplore.ieee.org/stamp/stamp.jsp?tp=&arnumber=7892763&isnumber=7892730
  • M. R. Rapizza, S. M. Canevese, A. Iaria, “Analisi di nuovi servizi di rete a supporto della stabilità di frequenza”, rapporto RSE n. 17001170,Ricerca di Sistema, 2017
  • ENTSO-E, “Deterministic frequency deviations: 2nd stage impact analysis”, 3 dicembre 2012
  • ENTSO-E, “Frequency Stability Evaluation Criteria for the Synchronous Zone of Continental Europe: Requirements and impacting factors”, marzo 2016
  • UCTE (oggi in ENTSO-E), “System Disturbance on 4 November 2006: Final report”, 2007
  • Autorità per l’energia elettrica e il gas (oggi ARERA), “Interventi urgenti relativi agli impianti di produzione di energia elettrica, con particolare riferimento alla generazione distribuita, per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale”, Deliberazione 84/2012/R/EEL, 8 marzo 2012

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