L’approvazione da parte della Commissione Europea del modello di Capacity Market adottato dall’Italia avvicina alla conclusione un processo regolatorio ormai quasi decennale, nell’arco del quale il sistema elettrico nazionale ha subito cambiamenti rilevanti. Tali cambiamenti, in primis il significativo sviluppo delle fonti rinnovabili non programmabili, hanno via via rafforzato l’esigenza di disporre di una tale tipologia di mercato, al fine di garantire l’adeguatezza del sistema, ossia la sua capacità di coprire la domanda nel lungo termine, disponendo altresì di adeguati margini di riserva ai fini della sicurezza della fornitura. Ulteriore obiettivo di un Capacity Market, al passo con l’evoluzione dei sistemi elettrici attuali, dovrebbe essere garantire non solo l’adeguatezza, ma anche la flessibilità necessaria a far fronte alla sempre maggiore aleatorietà delle fonti a cui tali sistemi si trovano esposti: per tale ragione l’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA) ha in passato proposto l’istituzione di un segmento del Capacity Market specificamente dedicato alla remunerazione delle risorse flessibili.

Da un punto di vista teorico, è nota la contrapposizione tra i modelli di mercato elettrico cosiddetti “energy only” e quelli in cui è presente un meccanismo di remunerazione della capacità produttiva. Nei modelli “energy only”, come dice il nome stesso, la remunerazione degli investimenti in capacità di generazione avviene esclusivamente mediante la vendita dell’energia prodotta e ciò comporta alcune problematiche.

Innanzitutto, perché il mercato incentivi adeguatamente la costruzione di nuova capacità, è necessario che non si pongano limiti (“price cap”) ai livelli di prezzo dell’energia che il mercato può esprimere in condizioni di scarsità di offerta. Va da sé che prezzi estremamente elevati, magari anche per lunghi periodi, possono risultare difficilmente “politicamente” sostenibili.

Un’altra criticità tipica dei modelli di mercato elettrico “energy only” consiste nel manifestarsi nel lungo termine di situazioni cicliche (i cosiddetti “cicli di boom-and-bust”), in cui, a fasi caratterizzate da ampia disponibilità di capacità produttiva e conseguenti bassi prezzi dell’energia, si alternano fasi opposte caratterizzate da ridotti margini di riserva, con la sicurezza del sistema messa a rischio e conseguenti prezzi elevati dell’energia. Ciò avviene a causa del comportamento dei potenziali investitori in nuova capacità che:

  • nei periodi di prezzi bassi e scarsamente remunerativi non investono, per cui la capacità disponibile progressivamente si riduce per raggiunti limiti di età, il margine di riserva a sua volta si riduce (tanto più se la domanda risulta in crescita) ed i prezzi man mano risalgono;
  • nei periodi di prezzi elevati, a causa di una naturale avversione al rischio, prima di investire essi attendono di essere ben certi della redditività futura, introducendo in tal modo ritardi nell’ingresso della nuova capacità rispetto al momento in cui essa sarebbe effettivamente necessaria, fenomeno potenzialmente aggravato anche dalle asimmetrie informative a cui sono soggetti i diversi attori del mercato.

Tali ritardi, in un sistema dinamico quale il mercato elettrico, innescano inevitabilmente le oscillazioni cicliche sopra citate.

In aggiunta a ciò, i modelli di mercato elettrico “energy only” sono stati negli ultimi anni messi sempre più in crisi dalla progressiva e forte crescita delle fonti rinnovabili, in particolare non programmabili. Tali modelli, infatti, si basano tipicamente sulla presenza di borse in cui le contrattazioni avvengono su orizzonti temporali di breve termine (il giorno prima per il giorno dopo) e sono regolate a prezzo marginale, che in un mercato perfettamente competitivo dovrebbe risultare in linea con i costi marginali di produzione di breve periodo. È evidente che, in presenza di crescenti quote di mercato appannaggio di fonti, quali le rinnovabili, caratterizzate da costi marginali di produzione pressoché nulli, i presupposti alla base del modello vengono a cadere.

In pratica, come già avvenuto in anni recenti in Italia, le offerte di vendita a prezzo zero sulla borsa elettrica delle fonti rinnovabili, forti anche degli incentivi che ne supportano la redditività, hanno depresso i ricavi ottenuti da parte delle fonti convenzionali (termoelettrico), che hanno visto messa a rischio la propria sostenibilità economica. Ciò in un quadro in cui la disponibilità di capacità di generazione programmabile per la fornitura dei servizi di riserva e di bilanciamento è sempre più indispensabile per far fronte all’aleatorietà della generazione rinnovabile, rendendo quindi necessario che una remunerazione “in potenza”, fornita dal Capacity Market, compensi la remunerazione “in energia” non più sufficiente.

In questo quadro, fin dal 2009 l’Autorità ha promosso un processo di consultazione e regolatorio che il 30 giugno 2014 ha portato il Ministero dello Sviluppo Economico ad approvare il modello di Capacity Market proposto, il quale successivamente è stato sottoposto ad un lungo esame da parte della Commissione Europea, che infine ha dato la sua approvazione.

Il modello prevede che TERNA definisca l’obiettivo di adeguatezza del sistema elettrico nazionale, in termini di valore obiettivo della probabilità di disalimentazione del carico (LOLE - Loss Of Load Expectation) e, in funzione di ciò, determini delle curve di domanda di capacità di generazione per ciascuna zona di mercato e per ciascun anno del “periodo di consegna” della capacità.

A regime, infatti, sul Capacity Market si negozierà la disponibilità di capacità produttiva in periodi “di consegna” triennali posti a distanza di 4 anni dal momento della negoziazione. La capacità produttiva può essere sia già esistente che ancora da costruire (disponendo delle necessarie autorizzazioni), purché non assoggettata ad alcun regime di incentivazione; anche la domanda flessibile può presentare offerte di capacità, corrispondenti a riduzioni dei prelievi rispetto ad una baseline.

I partecipanti al mercato prenderanno parte ad un’asta presentando offerte al ribasso sull’ammontare del “premio” annuo (espresso in €/MW-anno) che essi richiedono a remunerazione della propria capacità. Il premio che verrà riconosciuto ai partecipanti sarà il premio corrispondente all’offerta “marginale”, ossia l’offerta accettata caratterizzata dal premio più elevato.

In cambio, nel “periodo di consegna” essi avranno l’obbligo di:

  • offrire sul Mercato del Giorno Prima (MGP) / Mercato Infragiornaliero (MI) la capacità impegnata e sul Mercato per il Servizio di Dispacciamento (MSD) la capacità impegnata non accettata su MGP/MI;
  • pagare a TERNA un corrispettivo funzione dell’eventuale differenza positiva tra il prezzo conseguito su MGP/MI/MSD ed il “prezzo di esercizio”, che l’Autorità propone essere in linea con il costo variabile della tecnologia di generazione di punta (tipicamente, turbogas a ciclo aperto).

A seguito del provvedimento di approvazione da parte della Commissione Europea, per rendere operativo il mercato della capacità sono ora attesi i provvedimenti da parte dell’Autorità per fissare i parametri economici che regoleranno l’asta, e cioè i cap al premio ed ai prezzi di offerta ed il valore del “prezzo di esercizio”.

Nel documento per la consultazione 592/2017 l’Autorità aveva proposto, per la fase “di prima attuazione” e per le aste caratterizzate da un periodo di pianificazione inferiore a tre anni, un valore massimo del premio riconoscibile alla capacità nuova pari a 75.000 €/MW/anno ed un valore massimo del premio riconoscibile alla capacità esistente pari a 20.000 €/MW/anno. Per le aste caratterizzate da un periodo di pianificazione non inferiore a tre anni e per la fase di “piena attuazione”, l’Autorità aveva invece proposto un valore massimo del premio riconoscibile alla capacità nuova ed esistente pari a 75.000 €/MW/anno, limitando tuttavia a 20.000 €/MW/anno il valore massimo del premio che potrà essere offerto (bid cap) con riferimento alla capacità esistente. Alla capacità esistente sarebbe quindi riconosciuto un premio superiore al bid cap solo nel caso l’offerta “marginale” fosse un’offerta per capacità nuova presentata ad un valore compreso tra 20.000 e 75.000 €/MW/anno. Si noti che 20.000 €/MW/anno è un valore allineato ai costi fissi di operation & maintenance delle unità di generazione di tipo Ciclo Combinato a gas naturale (CCGT) caratterizzate dal livello più contenuto di tali costi.

A titolo di confronto, la recente asta di febbraio 2018 del Capacity Market britannico con periodo di consegna 2021-2022 ha chiuso al valore di 8.400 £/MW/anno (circa pari a 9.600 €/MW/anno), premio molto basso causato da un eccesso di offerta di circa 25 GW su una domanda dell’ordine di 50 GW.

Ben diversi sono stati i risultati dell’asta di Dicembre 2017 del Capacity Market irlandese, che ha chiuso a 41.800 €/MW/anno.

Riguardo al “prezzo di esercizio”, l’Autorità aveva proposto di utilizzare il costo variabile standard di un’unità di produzione di tipo turbogas a ciclo aperto alimentata a gas naturale, includendovi componenti a copertura dei costi del gas (materia prima, logistica internazionale e nazionale, accise), dei permessi di emissione di CO2 nell’ambito dell’Emissions Trading Scheme, degli oneri di dispacciamento, di smaltimento rifiuti ed ecotasse e di altri oneri e rischi, giungendo ad un valore che, nel Giugno 2017, sarebbe stato pari a 125 €/MWh.

Recentissimamente (15 e 19 Marzo 2018), TERNA ha posto in consultazione la disciplina del “sistema di remunerazione della disponibilità di capacità di energia elettrica”, consultazione che è prevista chiudersi il 6 Aprile 2018, nell’ottica di un avvio del mercato nella seconda metà dell’anno in corso.

Secondo tale disciplina, al Capacity Market possono partecipare sia unità di generazione che di consumo nazionali, sia risorse localizzate all’estero. Le unità di generazione partecipanti possono essere anche di tipo rinnovabile non programmabile (es. fotovoltaico, eolico, idroelettrico ad acqua fluente), nonché anche unità “non rilevanti”, ossia di potenza inferiore a 10 MW. TERNA, per ciascuna tipologia di unità, calcolerà sulla base di specifici criteri il contributo in capacità che l’unità è in grado di fornire.

Nella fase di “prima attuazione” si negozierà la disponibilità di capacità produttiva in periodi “di consegna” di un solo anno, posti a distanza di 4 anni dal momento della negoziazione. Nella fase di “piena attuazione”, come sopra ricordato, il periodo di consegna sarà triennale. E’ inoltre possibile per la capacità di nuova costruzione richiedere di stipulare contratti della durata di 15 anni, purché i relativi costi di investimento siano almeno pari a 209 k€/MW, calcolati applicando il criterio indicato nella decisione della Commissione Europea di approvazione del Capacity Market italiano.

Interessante notare che nella risoluzione del mercato verrà premiata sia la maggiore flessibilità delle risorse, sia la loro minore emissività in termini di CO2: infatti, nel caso in cui, in corrispondenza del premio marginale, la somma delle quantità offerte in vendita sia superiore alla somma delle quantità accettate in vendita, TERNA selezionerà per prime le offerte di capacità flessibile (fino a concorrenza del quantitativo massimo ad esse assegnabile), ordinandole in base a valori crescenti del corrispondente “Indice di Emissione di Portafoglio”. Esaurita la selezione delle offerte di capacità flessibile, anche quelle relative a capacità non flessibile verranno selezionate ordinandole in base a valori crescenti del corrispondente “Indice di Emissione di Portafoglio”.

Le unità di produzione sono considerate “flessibili” se sono rilevanti e programmabili e se rispettano i seguenti requisiti:

  • tempo di avviamento ≤ 4 ore;
  • tempo minimo di permanenza in servizio ≤ 4 ore;
  • tempo minimo di permanenza fuori servizio ≤ 4 ore;
  • gradiente almeno pari a quello richiesto nel Codice di Rete per il servizio di regolazione secondaria;
  • rapporto tra Potenza Minima e Potenza Massima ≤ 0,5. Nel caso in cui il Tempo di avviamento sia minore o uguale a 2 ore, tale requisito si considera soddisfatto.

Occorre peraltro evidenziare che il Parlamento Europeo il 27 Febbraio scorso ha proposto una serie di modifiche al regolamento sul mercato interno dell’energia elettrica che impattano significativamente sui mercati della capacità. Ad esempio, il Parlamento richiede che i contratti di capacità per gli impianti esistenti abbiano durata massima di un anno, invece dei tre previsti per la fase di “piena attuazione”. Più in generale, il Parlamento vede i meccanismi di remunerazione della capacità solo come soluzione di ultima istanza, quando tutte le altre misure di liberalizzazione del mercato abbiano fallito e lo Stato Membro abbia valutato che un meccanismo di riserva strategica non possa risolvere i problemi di adeguatezza evidenziati e confermati da una valutazione svolta a livello europeo da parte di ENTSO-e, l’associazione dei gestori delle reti elettriche di trasmissione europei. I meccanismi di remunerazione della capacità secondo il Parlamento devono inoltre essere temporanei ed approvati dalla Commissione Europea per periodi non più lunghi di 5 anni. Inoltre, la capacità di generazione entrata in esercizio commerciale dopo l’entrata in vigore del regolamento potrà accedere a meccanismi di remunerazione della capacità solo se caratterizzata da un coefficiente emissivo inferiore a 550 gCO2/kWh. La capacità con coefficiente emissivo superiore a tale valore non potrà comunque accedere a partire da 5 anni dopo l’entrata in vigore del regolamento.

RSE ha svolto in passato e continua a svolgere tuttora studi e simulazioni sui mercati elettrici, su orizzonti temporali dal breve al medio-lungo termine. Nel caso specifico del modello di Capacity Market adottato dall’Italia, già nel 2006, utilizzando un simulatore di mercato di lungo termine appositamente sviluppato, RSE ne valutò positivamente l’efficacia.

Come si può notare dalla Figura 1, che mostra alcuni risultati delle simulazioni allora effettuate, nello scenario analizzato il sistema elettrico nazionale, che partiva in condizioni di ampia disponibilità di capacità produttiva (margine di riserva elevato), senza Capacity Market avrebbe progressivamente visto ridursi tale margine fino a livelli prossimi al 5%, incompatibili con l’obiettivo di sicurezza della fornitura. Al contrario, la presenza del Capacity Market sarebbe stata in grado di garantire che il margine di riserva restasse sempre a livelli accettabili, superiori al 10%.

 

figura1